La Conca

Proveniendo a Via Dante e proseguendo verso il Centro di San Valentino, si arriva a un punto in cui la carreggiata si divide come le dita di una mano: Via Guarenti, ora Via Ortigara; Via Costa, ora Via Piave; Strada del Palù, Via Mulino ora San Valentino ; Via Maraschion ora Via Isonzo; Via Monterosso per la Strada delle Laste ora Via Postumia, e per Via Ugo Foscolo, verso San Vito: é il cuore del Cao de là.
Qui sorge l’edificio che un tempo ospitava la scuola; accanto si colloca l’unico bar della zona. Davanti al Bar, di là dalla strada, una piazza e un parco giochi segnano il punto di riferimento per feste e incontri, cerimonie e commemorazioni; e poi i campi con la fontana e il lavandaro della Famiglia Zaccaria-Bonamin. L’acqua di fonte perenne continua a riversare da tempo immemorabile, attraverso un fossato, il suo prezioso liquido nella Degora. Il pentavio, dal grande respiro, gode anche di due importanti guardiani, quasi frontalisti: il Capitello dedicato a San Valentino, alla fine di Via Dante e il severo e imponente edificio storico della Famiglia Pillon, all’angolo tra Via San Valentino e Via Monterosso.

Casa Pillon L’edificio della Famiglia Pillon è molto grande, con ingresso e porticato nella parte posteriore, quella a Est. La parte anteriore, volta a Ovest, dà sulla strada. A sinistra si accedeva all’osteria di Guarda Angelo, con gioco delle bocce, (e successivamente dei figli Renato, Carolina e Gastone). I Guarda gestivano anche il negozio di generi alimentari con ingresso sulla destra.
“Storia di famiglia” Pillon Giacomo (Del Pentavio)
Famiglia benestante, i Pillon godevano di beni al sole, dislocati tra colle e pianura. Oltre la Fontana della Proetta, al Maraschion avevano costruito l’immobile che successivamente era stato occupato e acquistato da Ermogene. Lì avevano scavato un pozzo e ricoperto la struttura in muratura con una grossa ghiera in pietra. Il manufatto è oggi ospitato in corte Pillon.

L’edificio imponente, grigio e severo segna un punto di riferimento per San Valentino, quasi un baluardo o una porta. La casa è datata; la famiglia che vi abita affonda le proprie radici lontano nel tempo. L’edificio data 28/7/1868, anno in cui Pellegrino Pillon ultimò l’opera. Tra i suoi membri la famiglia annovera commercianti, agricoltori, possidenti, un sacerdote e, nei tempi recenti, due maestri: Roberto ed Albino Pillon.
Vi trovavano, fino agli anni ’50, sede un negozio di generi alimentari e un’osteria, oltre all’abitazione dei Maestri Pillon. La gestione dell’osteria, per un certo periodo fu affidata ad Alessandro Cielo, che aveva sposato Caterina Borin. Poi Alessandro preferì coltivare quella che era la sua attività principale e si trasferì a Revese, dove fece il sarto da uomo. Lo sostituì Giovanni Bisognin di Grancona. L’osteria e il negozio, rilevati più tardi da Luciano Guarda, divennero con il tempo una tappa necessaria per gli abitanti della frazione.
“Storia di famiglia” Guarda Biagio
[il locale che si trovava al piano terra, successivamente venne spostato al primo piano].
Le vaste proprietà della Famiglia Pillon dislocavano in zone diverse: era dei Pillon la casa di Ermogene alla Priara, dove stava anche un pozzo con grossa pietra quadrata; lo era la corte Giacomazzi al Maraschion (Via Isonzo); era dei Pillon il pregevole capitello. Alla Colombara la villa aveva un ingresso ad arco a tutto sesto, segno di distinzione e di ricchezza.
L’elenco potrebbe continuare con: Frealdo, Nogaretta, Paterni, Bragi, Covolo… una fortuna messa insieme con lavoro e acume.

Da dove venivano? Il cognome Pillon, messo in relazione al processo di “pillazione del riso”, può indicare l’attività cui si dedicavano i membri della Famiglia nei tempi in cui Venezia era padrona del Mare e della Terra Ferma. Benché dagli Atti Catastali emerga il nome di svariati Pillon, non sembra che ci sia un anello di congiunzione con l’altra Famiglia Pillon, quella di Via Grotte. Forse venivano dal Veneziano: erano benestanti, capaci negli affari, imprenditori legati anche alla concessione di un Banco di pegni e prestiti in nome della Regina del Mare. Gli atti catastali registrano il Nome Pillon fin dal 1700: uomini che lavoravano la terra dei Frati di San Felice e Fortunato (Corte Benedettina). Ma è solo verso il 1750 che compare il nome di un Giacomo, fu Pellegrino.
E’ il nome Pellegrino il filo conduttore per l’ascendenza dei Pillon del Pentavio.
Grazie ai beni posseduti e forse di più alle personalità forti dei vari membri della famiglia, i Pillon condizionarono in modo rimarchevole e positivo la vita della Contrà di fine secolo ‘800 e dei primi sessant’anni del secolo scorso. Andare fino da Pillon, significa ancor oggi raggiungere la “Piazza” a cinque direzioni che si snoda davanti all’edificio Pillon.
Un tempo:
si comprava da Pillon,
si andava a prendere un bicchiere da Pillon,
ci si incontrava da Pillon,
si arrivava da Pillon..
Figura di spicco, durante la prima metà del 1900 fu Roberto, maestro di scuola elementare, che insegnò per tanti anni a Brendola Capoluogo. 

Il maestro Roberto
Uomo arcigno e severo, di solito conduceva classi maschili. Sorrideva di rado, ma sapeva ascoltare e farsi ubbidire. Parlava con voce stentorea e ti fissava negli occhi con sguardo volitivo.

A quel tempo le lezioni cominciavano alle 8 e 30. L’orologio del campanile di San Michele sanciva la chiusura delle porte e l’ingresso in classe. Gli altri maestri arrivavano un po’ prima. Ma il maestro Roberto Pillon era già a scuola dalle 7. Inverno ed estate, con il freddo e con il caldo; in doppiopetto, si faceva sulla porta del cortile, comparendo all’improvviso. Piccolo di statura, ma ben proporzionato, irradiava intorno a sé un’energia quasi palpabile. I ragazzi lo temevano, molti lo stimavano, qualcuno, tra i più discoli, ne ricorda la severità e i castighi. E’ innegabile che la sua figura tutta d’un pezzo abbia contribuito a creare un’immagine positiva della “Scuola Comunale di Brendola”. Poi, improvvisamente, Roberto Pillon si ritirò in pensione, nella sua casa dove abitava con la moglie Maria Snichelotto* e il nipote, Albino, che i due coniugi, in assenza di figli, avevano “adottato”.
Anche Albino era maestro. Alto quasi il doppio dello zio, dopo il pensionamento del parente, insegnò nelle Scuole di Brendola Capoluogo e poi, dal ’55, in quelle di San Valentino. “Figlio” d’arte, Albino assunse, con il passare degli anni, una serie di ruoli, non sempre facili e comunque impegnativi, nell’ambito della Comunità Brendolana. Fu Presidente della Scuola Materna, Presidente dei Donatori di sangue e Giudice di pace. Visse gli ultimi anni serenamente, accanto alla moglie Lina Guarda e al figlio Gabriele Pillon.

* Maria Snichelotto veniva da Sossano dove la famiglia possedeva una fabbrica di sottaceti; era anche zia della Dottoressa Maria, farmacista a Grancona. Una sorella di Roberto Pillon andò ad abitare nella casa degli “Scrochi” al Monterosso e sposò un Frealdo. Veniva chiamata L’Americana.

I Guarda
Venivano dalla Val Lagarina, dove il cognome Guarda prendeva origine dalle attività longobarde di custodia e controllo viario del territorio. I Guarda a Brendola approdarono come affittuari alla fattoria dei Salviati, che sarà poi dei Farinon. La terra ferace e alcune buone stagioni favorirono un certo benessere. “Era gente per bene” mi ha ricordato una delle signore di casa “Le donne avevano tutte il cappellino e la stola di pelliccia per la domenica; e gli uomini portavano il panciotto e il cappello”. Poi cinque anni di grandine, le famose “tempestà de l’Orna” ridussero sul lastrico la famiglia. Non c’erano più soldi per pagare l’affitto e così bisognò lasciare i ricchi campi dell’Orna e cercare altrove. I componenti avevano fama di grandi lavoratori. Trovarono casa alla boaria dei Rossi a Brendola e coltivarono i campi del Palù, quelli della Conca, serrati tra il Monte dei Martiri e San Valentino, bagnati dalla Degora.
Angelo Luciano Guarda

Membro della numerosa famiglia Guarda, Angelo Luciano Guarda approdò a San Valentino negli anni ’30. Veniva dal Cerro dove, nel 1920, al ritorno dal fronte, aveva aperto “La cooperativa”, una bottega di generi alimentari, cui aveva aggiunto la vendita di valori bollati, sale e tabacchi. L’esercizio aveva sede nell’attuale casa Rodighiero, con ingresso a destra, guardando la facciata. All’epoca il Municipio stava ancora in Via Roma; ma il Cerro costituiva un punto nevralgico: Villa Cita, dopo esser stata sede di Farmacia, era diventata Scuola materna gestita dalle Suore Dorotee; il Monumento ai caduti era stato inaugurato nel 1921.
Le due osterie del luogo, la Farmacia, l’abitazione della Levatrice, l’ambulatorio del Medico, poco più in su, favorivano l’afflusso di gente. Era lì il Paese. Luciano Guarda, Ciano per i compaesani, intanto, si era sposato. L’attività al Cerro andava bene.

Nel’30, qualcosa non funzionò più: gli morì la moglie e per Luciano fu un’autentica Caporetto. Rimasto vedovo con tre figli, scelse di vendere a Rodighiero Valentino con i figli Tullio, Lino, Lucia. Si spostò quindi a San Valentino, dove rilevò la bottega dei Pillon con annesso il bar, gestito a quel tempo da Alessandro Cielo.
Oggi. Negli anni ’60 l’attività passò ai figli Renato e Gastone. Alcuni anni più tardi, negli anni 70, Gastone e il fratello trasferirono l’attività in una sede nuova, vicino alle Scuole di San Valentino. Da alcuni anni (dal 2001 circa) l’osteria di San Valentino non è più attiva; divenuta BAR, ha chiuso i battenti e mostra i malinconici segni dell’abbandono.

La Scuola
La scuola, a San Valentino, veniva considerata una necessità. Dal Monterosso, dal Gazzo o dalle Grotte a Brendola Capoluogo, anche col bel tempo, l’obbligo scolastico costringeva gli scolari a una scarpinata quotidiana, di un’ora abbondante all’andata e altrettanto al ritorno. Se ne parlava, pertanto, già prima degli anni ’50; ma non costituiva una priorità nelle Opere Pubbliche del paese.

Fu grazie ai buoni uffici di Roberto Pillon e di una Amministrazione Comunale sensibile che, a cavallo degli anni ’50, il progetto prese forma.
Le scuole furono inaugurate il 6 Novembre 1955. Da quell’anno il maestro Albino Pillon ebbe l’onore e la soddisfazione di insegnare a San Valentino.