El Cao De Là’

Storia memoria,
cavalo bianco,
on paso col drito
e uno col zanco”

El Cao de là, ovvero la Frazione di San Valentino
Il Capo di là… un altro mondo e non solo in senso metaforico. Il Monte Summa Ripa, le sue gradevoli propaggini, sciorinate in faccia a Mezzogiorno e il Monte dei Martiri, quale avamposto, segnano un evidente spartiacque tra la Conca meno profonda di Brendola, quella che dà sul Palusello e l’altra, più vasta e più dolce, che si stempera nei campi del Palù, nell’Arcomagna e nella Fangosa.
Chiudono la corona, a questo lembo di “mondo incantato”, il Monte Comunale, il Passo di Strabuseno e i versanti di San Gottardo.
Sull’area, disperse dal Colle alla Pianura, vagheggiano contrade robuste, case solitarie, corti brevi e a solatio.
Ieri; il termine “Cao de là” valeva per la gente di Goia e di Valle, forse per gli abitanti della Chiesa. Ma imboccata la strada del Lavo, il visitatore era già nella Terra Promessa: una distesa di terra a fazzoletti e lenzuola dipinte, ricamata di gelsi e salicelli, un pizzo di boschi gradenti; una forra misteriosa.
Nessuna meraviglia che, nei racconti dei Filò, fosse il regno delle Anguane e delle Fade, dei Salbanei e delle Lole; che ci fosse l’Omon nel covolo dell’Orco, a guardia dell’omonima fontana.
El Cao de là era ed è anche il regno dei fontanili d’altura: fontane e albi (conche), pisaroti (cannule) sempre ricche d’acqua e, per sovrano indiscusso della Valle, lo Scaranto Palina.
Resta la terra delle grandi Famiglie, dei ceppi radicati sul suolo che li ha alimentati, di una cultura contadina imbevuta di valori e di affetti; dove l’interpretazione è corale e la presenza folla; dove i nuovi virgulti di quelle famiglie operano con orgoglio sul territorio, consapevoli e fieri dell’eredità ricevuta.

Storie di famiglia:
Acco Angelo
Balbo Basilio
Balbo Giuseppe (Agnoleto)
Bedin Bortolo (Petote)
Bedin Emilio (Santiela)
Bedin Giuseppe (Baghera)
Bertocco Achille e Abramo
Bisognin Angelo
Bisognin Gaetano
Bisognin Giovanni (della Costa)
Bon Luigi (Finato)
Caldonazzo Domenico
Caldonazzo Giobatta (Cocon e Nanini)
Casalatina Giuseppe
Castegnaro Baldassare
Castegnero Domenico
Cazzanello Gino
Dalle Nogare Domenico e Pietro
Dani Giovanbattista
De Guio
Faccio Luigi e Giuseppe
Fogolari Fortunato
Forza Renato
Frealdo Antonio
Frigo (I Paela della Costa)
Frigo (I Paela del Maraschion)
Frigo Antonio e Giovanni (Gnicole)
Frigo Francesco
Gaiga Giovanni
Giacomazzi Angelo Miglio Luigi
Gianello Luigi e Cunico Giuseppe
Graser Giovanni
Graser Luigi
Guarda Biagio
Lovato Guerrino
Maran Oreste (Tatini)
Maran Romano
Marchetto Attilio e Giovanni 
Marzari Giuseppe (Bodo)
Marzari Pio (Barcari)
Medini Rodolfo (Cao de Là)
Menon Antonio
Muraro Giovanni (Cuchi dei Muraroni)
Nicolato Desiderio e Girolamo
Nicoli (Il Moro)
Panozzo Giuseppe (Lorenzella)
Pillon Giacomo (Del Pentavio)
Pillon Lorenzo (I Moche delle Grotte)
Pilotto Paolo
Rezzante Natale e Silvio (Scancion)
Rigolon Antonio (Sandron)
Rigolon Bortolo (Coca) e De Rossi (Gasparon)
Rigolon Ernesto (Malachia)
Rigolon Giuseppe (Menoti)
Rigolon Ludovico (Pierela)
Rodighiero
Rossetto Angelo e Antonio
Sambugaro Cristiano
Scalchi Agostino
Silvestri Angelo
Squaquara Girolamo
Tadiotto Antonio
Todesco Giuseppe
Tomasi Eugenio
Tovo Giuseppe
Vaccarotti Pietro
Valente Angelo Cielo Luigi
Zonato Remigio e Luigi
Zordan Giuseppe

San Valentino e la sua gente
La gente è come la terra; è la sua terra.
Suolo che canta in fontane e scaranti; e uomini fuori del comune. Lo dicono il Capitello di San Valentino e quel Carnevale così coinvolgente, da ottenere la partecipazione dell’intero Paese.
Sono come una famiglia al Cao de là. La gioia è comune, il dolore anche; l’allegria contagiosa.v Fautori, testimoni e complici di tutto ciò sono l’ ottimo vino delle Valli, la brezza che si libera dalle grotte e dalle bocare; quel colore della creta che in qualche modo si mescola e si impasta con la carnagione e i modi tranquilli.
E’ gente d’altri tempi: ha le comodità di ultima generazione in casa, ma lo stile di vita è quello di ieri e i vecchi trovano ancora posto in famiglia.

 

Le Famiglie
Le Famiglie che fanno la storia di un paese. A San Valentino, sono state le grandi famiglie a creare la cultura del luogo. Ceppi con radici lontane, ricche di figli, nipoti e pronipoti, un intersecarsi di nomi, di volti, di storie: matrimoni, nascite, progetti, conquiste e poi malattie , morti; e ancora nascite… : una ragnatele senza fine. Famiglia Castegnaro: gente venuta su con fatica e dignità: gran lavoratori, ma anche saggi amministratori; Famiglia Bisognin, parsimoniosi e scaltri; Famiglia Castegnero, generosi e lavoratori, Famiglia Squaquara imprenditori e attenti artigiani di vita. Sono sempre state le famiglie la vera ossatura della Contrà, non i Colli Berici. I rilievi di casa sono solo il contorno, la cornice di una grande avventura; e il collante era la religione che legava i vari membri al Capo-famiglia e le famiglie tra loro. Qui, come in molti altri paesi Veneti si perpetuava la promessa biblica: “ti benedirò nella tua discendenza e vedrai i figli dei tuoi figli, fino alla terza e alla quarta generazione”. La benedizione sembra durare a tutt’oggi.

 

Tripoli bel sol d’amore
Domenico Frigo, del ceppo dei Pagnoca, nasce nel 1892 e abita alla Costa dietro le case Squaquara. Parte per la guerra, durante il Primo Conflitto Mondiale. Quando torna sposa Agnese Rezzante, Gnese Scanciona, nata nel 1893.
Nel 1938 la famiglia, quasi al completo, parte per la Libia. Restano in Italia Giuseppe, che è in servizio militare, e Lino a servizio a Vo’ di Brendola, presso una famiglia con tanti figli e priva di capofamiglia.
I Frigo raggiungono Tripoli e trovano casa al Villaggio Giordani.
Faranno i contadini. La terra c’è; c’è anche il pozzo e c’è la casa.
I viveri giungono via nave dall’Italia. In dotazione ricevono un mulo e un carrello su rotaie per spianare la terra e rivoltarla; e scavare i canali per l’irrigazione.
Intanto in Europa maturano venti di guerra. Nel 1940, quando l’Italia in seguito al patto d’acciaio aggredisce la Grecia, Aldo e Florio, in Libia, ricevono la cartolina di richiamo e vanno al fronte.
Anche Anna, Bertillo, Carmela e Fausto tornano. Le sommosse della popolazione locale sono aspre e il regime ritiene Tripoli troppo pericolosa per i ragazzini. Così, in Italia, i quattro vengono inviati in Colonia, dove restano fino alla fine del conflitto.
Nel 1945, cessate le ostilità, le famiglie dei minori ricevono una lettera d’invito perchè vadano a prendersi i figli.
Giuseppe e Lino risiedono a Brendola. Con Giuseppe e la famiglia (Giuseppe si era sposato) restano Bertillo e Carmela; Anna e Fausto, dopo una breve sosta in Italia, ripartono per la Libia. Tutta la famiglia torna nel 1955, eccetto Fausto che resta a condurre l’azienda.
Gina, diciottenne, incontra per la prima volta i fratelli rimasti in Italia. Nel 1970 Gheddafi espelle tutti gli Italiani e Fausto perde tutto.
A Brendola altre famiglie toccarono il suolo di Libia.
Vanno ricordati:
Piero Borin detto appunto Tripoli
La Famiglia Gennari dei Muraroni
La Famiglia Cenghialta
La famiglia Tamiozzo Erminio (il fratello del nonno era venuto da Meledo).
Partono, come tutti nel ’38.
Nel 1941 tornano le donne e i bambini. Tamiozzo Alessandro sposa Martinello Gina, hanno un bambino, Lino. Vivono al villaggio Sottsass.
Quando il piccolo ha tre mesi tornano in Italia. Nello stesso periodo tornano anche Miranda e Tersilla, troppo piccole per restare. La famiglia va ad abitare in Via Firenze. Poi si sposta (anni 60) in Via Dante.
Vengono inviate in Colonia (Colonia Marzotto).
Dopo il ritorno la coppia ha altri tre figli: Egidio, AnnaMaria, Bruna.
Partirono anche i Bedin della Priara, detti Petote: Bedin Domenico con moglie e 12 figli. Tornarono quasi tutti nel 1950.

 

I scaranti de San Valentin
Tuti i scaranti de San Valentin
co’ smola el fredo, dopo febraro,
i se imboresa ciapà dal morbin
e dise”Tusi, via foje e rusaro!”

Dopo, dale Grote e dale Bocare
invia pianelo ‘na frusta canson
“Anemo, cari! bisogna lavare
aldare, valete e ogni canton.”

Così el Scaranto che vien dal Mulin
saltando do da scalini insasà
el se compagna a on vecio violin
e a le siese canta da inamorà.

Quel de La Palma no xé de manco:
el ga ‘na chitara on poco scordà
ciciola e sbeca de drito e de zanco
e intanto caresa la vecia Contrà.

El Scaranton che da i Bon se inpastura
el ziga”Spetéme! a vegno anca mi!”
e sguaratando slavaj e frescura
sona la racola ,stonà che mal pi.

De facia, el Scaranto de la Bocara
al Canstenile domanda ‘na man;
el vento che riva dala Priara
canta, el bosco fis -cia pian pian.

Po’ l’aqua ciara riva in Degora,
tuti i Scaranti se incontra zermani
se urta, se penta, colcosa va fora
ma striti li tien co i salgari i antani.

Così nel vespro, co’ luna fa ciaro
dai campi pi in doso, quei del Palù
dove el Lagheto se sleva on canaro
le rane le canta a la tera batù.

E insieme se leva e riva ale stele
le storie de l’aqua del tempo che gera:
xé i salmi dei frati in mile lusele
prima del sono che veste la sera.

 

Fontane di risorgiva e di piede d’altura
I Monti Comunali, grazie a una conformazione geologica di natura calcarea, custodiscono recessi e cavità ricchi d’acqua.
Questa affiora in fontane e polle, site per lo più a mezza costa; ma presenti, talora, a quote alte (oltre i 200 metri come la fonte del Rio Spesse o quella dello Scaranton), talora e più spesso a quote basse. Sono i fontanili d’altura, diversi dalle fontane di affioramento, lungo la demarcazione delle risorgive, ai piedi delle Alpi e degli Appennini.
E’ l’acqua di casa nostra, garrula e generosa. A Brendola fontane e pozzi non si contano.

Al Cao de là, vanno ricordate:
la fontana di Piero Tamiozzo, tra la proprietà Girotto e la Proprietà Marzari;
la fontana dei fratelli Caldonazzo (Domenico, Giuseppina, Cornelia Isella,Amerigo, Alfonsa;
la fontana della Colombara;
il pozzo di Nanni Bisognin (nei campi presi in affitto dai Caneva);
il pozzo dei Refosco;
il pozzo dei Maran;
la fontana con lavello dei Zaccaria;

In via Guarenti:
la fontana dei Birani;
la fontana dei Castegnaro;
la fontana delle Andreele;
il lavandaro dei Frigo;
il lavandaro dei campanari;
il lavandaro e fontana dei Bisognin ;

Via delle Caterine ( oggi via Pasubio):
la fontana dei Castegnero o del Tovo;
il lavandaro dei Castegnero;
la sorgente Palina;

Alla Costa:
il Lavandaro di Menon;
il Lavandaro de Pippo;
la fontana fredda o Fontana dell’Alma
(La sorgente del Tovo, quella di Pippo e la fontana Fredda attingono a una medesima raccolta sotterranea che insiste sul medesimo avallamento: lo si nota osservando le isoipse del sito).

Al Gazzolo:
la Fontana dei Paela (Gaiga);
la fontana dei Maran;
la fontana del Monte;
il lavandaro dei Lovati;
il lavandaro di Contrà Mulini;
(Anche queste fontane attingono a un’unica riserva sotterranea).

Via Isonzo (al Maras-cion):
La fontana dei Paela;
la fontana dei Bon;
la fontana della Proetta;

Al Monterosso:
la fontana del Monterosso;
la fontana del Capitello (quasi in pianura);

Ogni corte si stringeva accanto a una fontana: era l’elemento acqua, prima di altri motivi, a determinare il sorgere di abitazioni.