CONCLUSIONI

Il nostro tempo, l’alba del terzo millennio, non dovrebbe essere affidato ai costruttori, agli innovatori, ma all’obiettivo primario di miglioramento effettivo, reale e concreto della qualità della vita e del recupero dell’ambiente. Basta con lo sviluppo, o peggio con lo sviluppo ottenuto con spreco di risorse e con il sacrificio dell’ambiente di vita. L’assetto del territorio deve realizzarsi, manifestarsi, in epoca postindustriale, con progetti assolutamente diversi da quelli di un recente trascorso eliminando i concetti di efficienza e pseudo velocità orientati al consumo, all’usa e getta. Sappiamo che con il tramonto della società industriale l’attività secondaria è in forte declino, così come lo è stata quella primaria agricola all’inizio dell’epoca industriale, e sappiamo anche che il terziario, più o meno avanzato, più o meno aggettivato, influenzerà i nostri consumi e le nostre esigenze di spazi. Pertanto dobbiamo trattare, finché c’è tempo, il territorio come una unica area destinata a giardino o parco, come un patrimonio da salvare ad ogni costo. Dobbiamo lanciare il progetto della CONSERVAZIONE. Si deve specificare che conservazione, nel contesto territoriale, significa manutenzione. La manutenzione di un territorio si deve tradurre in riassetto, restauro dell’ambiente alterato, ignorato, disprezzato come vecchio ed inutile. Compito prioritario è quindi arrestare il degrado o meglio ancora impedire alterazioni irreversibili. L’idea non appartiene a specialisti, urbanisti o tecnici, ma è un modo di porsi, di essere nello spazio e nel tempo in una precisa area territoriale, in cui ognuno di noi dimora pensando che il suolo che calpesta quotidianamente condiziona il suo essere e la sua esistenza. Non esiste in questa ottica centro o periferia, nucleo storico o quartiere popolare, ma un luogo unico da conservare e trattare alla stregua del giardino di casa. Un buon disegno di assetto urbano e territoriale presuppone una buona conoscenza della storia e della geografia. Conoscere il luogo è fondamentale per amarlo, per ricavare idee sull’assetto territoriale, per evitare concorsi di idee che non tengono nella dovuta considerazione il luogo che si vive e si trasforma.

L’operazione fondamentale è individuare le invarianti o gli elementi invariabili che esprimono il carattere di un’area e di un luogo. Più elevato è il numero di questi elementi maggiore è la qualificazione ed il valore del territorio. Salviamo l’acqua, la terra e l’aria, le vecchie strade ingredienti fondamentali di qualsiasi ambiente che deve poter continuare a “stupire e istruire” nel corso degli anni e della storia. Queste considerazioni vanno oltre le capacità tecniche e si impastano con il senso del vivere ed abitare un territorio, diritto – dovere di ogni cittadino. Non si capisce perché non ci si possa confrontare e misurare con il passato senza dover per forza essere considerati degli antiquati. La quantità di segni e di creatività che possiede il paese e l’ambiente naturale è tale da impedire qualsiasi confronto con la nostra società urbana e territoriale. Restaurare adeguatamente questo passato è indispensabile per costruire il futuro. Attenti quindi a non affidarsi esclusivamente alla voce del progettista che obbedisce più al suo progetto che alla storia del luogo. Nel corso dei secoli percorsi, collegamenti, insediamenti, strutture marginali, fossati, vie vicinali, spazi pubblici hanno superato lunghi esami degni di rispetto ed attenzione. Bisogna avere obiettivi chiari in urbanistica, fondati sull’uomo e sulla natura, non sull’interesse del momento, sul favore di costruttori ed imprese, sull’effetto immediato e pronto, ma nell’ottica del tempo e dell’interesse generale.