VALLE ALTA

Corti a pettine

Dalla casa Chiarello avevano inizio le corti a pettine.
Il primo slargo che si apriva dietro conduceva alla casa dei Corato, al retro dell’abitazione di Boeche Piero, calzolaio e al retro del forno degli Albiero. Verso gli anni ’50, la parte iniziale della casa di Piero Boeche venne trasformata in appalto di sale e tabacchi, l’appalto di Lina Magnabosco, una figura che recò un tocco di simpatia, per molto tempo, alla contrà.
La casa di Chiarello Maria, inoltre dà inizio alla parte della Via che conserva il nome “Valle”: la più tortuosa e incassata di Valle.
Era grigia la strada. A sinistra il caseggiato lungo e scrostato che isolava Villa Anguissola, con le sue finestre di varia misura, le finestrelle chiuse da inferriate, gli archi in pietre, di portoni murati (oggi casa Munari); a destra una lunga teoria di case: quella dei Boeche, il Forno degli Albiero, la casa di Maria Riva, quella di Gioanin Fanela (Cenghialta) la casa di Gilda Ghiotto. Gli edifici, sulla strada segnavano, il confine delle corti.

Corte dei “favari”

La corte dei favari” si apriva subito dopo. Lì, in faccia a mezzodì si esibivano le case, in schiera, di Boeche Menegheto, calzolaio, figlio di Piero, calzolaio e marito di Maria Maofisti, la signora delle punture”; il sarto-barbiere Ulisse Lovato; Redenzio Trevisan, uomo dai mille mestieri, marito di Rosa Favara, donna paziente e laboriosa; Tonina Frigo, madre di Adolfo Paela (Frigo), il meccanico che aggiustò le biciclette per molti brendolani e poi andò ad aggiustare quelle degli abitanti di Alte. Sua moglie, una donna molto bella era Neni Favara.
Nella parte più interna della corte, una stanza era occupata da Jeja Trevisana, la madre di Redenzio e, dietro, un’altra stanza era occupata da Angelo Opele (Lovato), zio di Ulisse.
Dietro venivano gli orti, i porcili e i gabinetti(spesso fatti di canne).
Vita di corte
Le belle estati, in corte dei Favari!
Tutti i ragazzi Trevisan, i figli di Ulisse Lovato, coetanei, quelli di Domenico Boeche più grandi; e poi i figli di Neni, le figlie di Tamiozzo e i ragazzi Albiero quasi giovanotti, tutti, sul far della sera, quando la calura lasciava spazio al soffio della Valle delle Spesse, riempivano la corte di grida e di risate, di strilli e di salti.
Diventavano una lunga corale, con i suoi toni alti e bassi e in sottofondo il cicalare delle ragazze. Tra i volti spiccava quello di Maria Grazia, la figlia dei Lovato, morta giovane e quello di Antonietta Frigo, sempre sorridente; tra le voci quella di Roberto e Romano Trevisan.
Dopo i ragazzi entravano in scena gli adulti.
Le case si svuotavano, riversando nello spiazzo interno uomini e donne, afrori e afa, stanchezza e desiderio di stare insieme . Arrivavano le sedie, si disponevano in cerchio e qualcuno iniziava a raccontarsi e a raccontare. La sera che intanto faceva il suo mestiere, li sorprendeva tutti con una stellata grondante luce; ed era allora, ma solo allora che il sonno mandava tutti a nanna per lasciare la corte silenziosa.
La corte oggi
Non è molto cambiata. Conserva la struttura antica con la funzionalità del complesso: garantire sicurezza, relazioni umane, mutuo aiuto. Fino a qualche tempo fa, l’ingresso al cortile conservava ancora i polese( cardini) del portone di chiusura del complesso stesso:una precauzione contro le insidie della notte e gli avvenimenti imprevisti.
Delle vecchie famiglie restano la Famiglia di Boeche Silvano, figlio di Menegheto(Domenico calzolaio), quella di Trevisan Roberto, che però occupa la casa di Maria Riva. Il forno non c’è più e nell’edificio abita la Signora Maria Castegnero in Castegnaro. La Famiglia Tamiozzo occupa l’ultima porzione degli edifici sulla strada; l’altra Famiglia Tamiozzo ha recuperato e restaurato l’edificio in fondo al cortile .

Davanti alla Corte dei Favari, di là dalla strada, si apriva, elevato rispetto alla via, il brolo delle Svizzere. Oggi l’appezzamento di terreno dietro Villa Anguissola è tenuto ad erba.

Maestri Tonin

Proseguendo lungo la strada, a destra, nell’alta mura si apre un cancelletto, su una scala in pietra. Un tempo permetteva l’accesso alla casa dei Maestri Tonin . Prima dei maestri il piano terra fungeva da sala da ballo. Era lì che i fratelli Valisa (Muraro) suonavano il violino per far divertire la contrada e tanta altra gente venuta da fuori.
Giovanni Valisa, fratello di Emo, se ne intendeva di musica; l’aveva nel sangue: era tornato dalla Francia con batteria e fisarmonica. Si era costruito la casa da solo e aveva aperto la sala da ballo di Via Valle.
Stanco, alla fine aveva venduto l’edificio ai Maestri Tonin.
I maestri Tonin Quella casa solitaria, severa e incomprensibile, alta sulla strada e chiusa da un piccolo cancello in ferro!…
Da quando Giovanni Muraro l’aveva ceduta ai Maestri Tonin, all’incirca verso il 1948, quel villino era divenuto un mistero: era la casa del sapere, dei maestri, di uno stile di vita superiore alla gente di Via Valle. Passando accanto al cancelletto le donne abbassavano la voce, i bambini ammiccavano.
Ai maestri, allora, si diceva “Riverisco” e anche la casa partecipava degli onori.

Corte Fereto

Una trentina di metri separava il cancelletto dei Maestri dal forno di Bepi Bodo.
La porta sulla strada, tre gradini per accedere e una stanza semibuia con tavole alle pareti, un bancone e una bilancia; e Bepi, che con Carolina si faceva in quattro per infornare e sfornare pagnotte.
Il lungo edificio in cui era incorporato il forno costituiva un complesso abitativo, alto sulla strada, con finestre di varie misure, inferriate e reti di protezione, a chiusura della Corte de Fereto, ex ospedale benedettino.
Alla Corte si accadeva e si accede tuttora attraverso un arco ribassato e un volto di antica fattura, con stemma.
Lungo l’arco e all’interno ecco tante abitazioni di poche stanze, per molte famiglie: i Potente (Todesco) con il loro negozio di cuoio; Amalia Bertacche in Selmo, che aveva perduto un figlio in Russia; Svizzero, con le belle figliole, Bepi Bodo (Marzari) e la famiglia, Ettore Priaro (Nicoli)con la numerosa famiglia, Davide Muraro con quattro figli; una Lovato di Vo’, vedova, Maria Ciarela moglie di Ettore Ciarelo, marangon (falegname), Ciarina Valisa, la Famiglia Canocia (Faccio), Vittorio Cavaggion, l’anguriaro.
In mezzo al cortile, un pozzo, ricco di acqua inverno ed estate; una vera provvidenza, specialmente tra luglio e agosto, quando el mato di Valle ansimava e la gente e le bestie ansimavano.
Uno dei Potente, Gino Todesco aveva sposato Gina Campagnaro; un altro Giovanni Todesco, una delle Svizzere, Flora.
Era la Corte de Fereto che ospitava il circo.
Nella Corte di Ferretto infatti,: arrivava ogni anno il Circo Pivetta, con le cavallerizze e i giocolieri. Attirava gente da tutto il paese e anche da fuori.
Una delle funambole era Tosca Pivetta,che poi avrebbe sposato Mario Rizzi, il giostraio.(lui prima di sposare abitava a Montebello e faceva il ” marzaro”).
Oggi la corte detta “de Fereto” non è molto mutata come struttura. Alcuni elementi si sono perduti per sempre, come la campanella sovrastante l’edificio centrale e più importante (casa di “Svizzero”); l’ingresso a volto ha subito l’insulto dell’incrinatura dello stemma; alcuni ambienti interni risultano fatiscenti. Il fascino però è sempre lo stesso.
L’abitazione delle Svizzare oggi è di proprietà Menon. Il pozzo è in disuso, ricettacolo di gerani e piante ornamentali.

Corte dei D’Agostin

Oltre la corte de Fereto, ecco la corte dei D’Agostin, commercianti provenienti dal Friuli (la corte dei furlani), tessari, tasini, il più importante negozio di tessuti e abbigliamento del paese.
I D’Agostin tennero l’edificio, che oggi è dei Bari, fino agli anni ‘30. Poi traslocarono a Revese, nell’edificio che ora è della Famiglia Valdagno.
Negli anni ’40, la stessa corte, di poco mutata, era divenuta punto di riferimento per i trasporti e i viaggi verso Vicenza.
Giuseppe Bari eseguiva un servizio impeccabile ed era molto richiesto.
Sulla strada, di seguito alla casa D’Agostin, ecco due artigiani, fratelli: Attilio Biran (Muraro), scarparo della famiglia dei Birani; Silvio Biran (Muraro) barbiere suo fratello.
A questo punto Via Valle si biforcava e si biforca: a destra continua tortuosa fino alla fine della Via (e oltre); a sinistra si inoltra per una viuzza che conduce alla corte dei Birani.
Ma, un tempo, questa stradina era molto di più: prima di imboccare il ponte attuale sul Rio Spesse e aprirsi alla Corte suddetta, scendeva al Rio e attraverso un agevole guado (ma forse c’era un ponte, poi crollato) raggiungeva e continuava per un’altra stradina acciottolata che, a una certa altezza, congiungeva (e congiunge tuttora) la Contrada di Scarantello, al di sopra dei fontanili.
Oggi la stradina è in disuso, qua e là crollata e dirupata; ma conserva, in parte l’acciottolato di basalto.

Corte dei Birani

La corte dei Birani è lunga e articolata. Si snoda tutta al di là del Rio Spesse e si inerpica un poco sulle propaggini del Monte Spiado.
A destra, prima del ponte, ecco la casa di Enrico Binato, padre di Italo e di Gina. Attigua si apre l’abitazione dei Selmo.
Più avanti, oltre il ponte, si allineano le case di: Polidoro, Biran Menego (Muraro)-pescatore, Iloveri Ignazio e in fondo, l’altro Biran che faceva pure lui il pescatore.
Un poco più in alto, servita da una stradina selciata, spicca la casina di Maria Baldato. Suo fratello faceva il calzolaio di fino.
Al di sopra dell’abitato si stendevano e si stendono gli orti, meravigliosi, curati e molto fertili.

Corte della Bepola

Tornati alla strada principale, un poco più avanti, dopo un orto ben coltivato, sulla destra, si incontra la corte della Bepola. Vi abitano la famiglia Lovato e la Famiglia Destro.
Famiglia Lovato – Bepoli Lovato Giuseppe (è tornato dal Belgio) sposa Ines Zerbato e ha quattro figli: Lallo, Ada, Bruno, Lilli,(Bolzano).
Giovanni Valisa, fratello di Emo, che era venuto dalla Francia con la Batteria e la fisarmonica, non ha figli.
E’ un altro Muraro. Adotta un figlio, Piero Destro, che a sua volta sposa la figlia di Maria Chiarello, Armida; la seconda figlia, Gina, sposa Valente ed è la mamma di Flavia, moglie di Mario Brendolan.
A riflettere sulle vicissitudini dell’esistenza, durante gli anni 30’, può stupire la vivacità e la frequenza degli avvenimenti. Il formarsi e lo sciogliersi delle famiglie, le parentele, l’intrecciarsi di vicende e di nomi testimoniano la vitalità di una Via, che non era solo una strada, ma un vero e proprio borgo, lungo quanto una camminata di dieci minuti a buon passo.
Più avanti sulla sinistra ecco la corte dei Valdagno, una corte all’incirca parallela a quella dei Birani

Corte dei Valdagno

Nella corte dei Valdagno abitavano: -Maria Piciòla; fa la sartora, ha tre figli:Ottavia, Angelina e Ugo
-Binato sposa Pulcheria Nicolato e ha due figlie
-Valdagno Germano sposa in seconde nozze Maria Muraro e ha una figlia. Nasce Paolo, cui si aggiungono Giacomo e Catina. Catina, secondo l’uso della madre, faceva la tessara.
L’altra Famiglia Valdagno è quella di Francesco. Una delle sue figlie andrà sposa ad Antonio Squaquara Il figlio Toni sposa Cornelia Lovato.
La Corte dei Valdagno è chiusa, sulla strada da un edificio, parallelo alle case a schiera interne.
E’ lì, nell’edificio d’angolo che abitava Bortolo Muraro, detto Olinto marito di Giovanna D’Agostin, cugina di Carolina e Lena D’Agostin. Bortolo Olinto ha una sorella :Maria Olinta: Sono imparentati con i Laccettini e con i Valdagno
Di fianco abitano le sorelle Ziggiotto che gestiscono un forno. Sono: Elvira, Ida, Angelina. Il forno passerà, in seguito a Luigi Cozza con i fratelli. Una sorella è Bijeta Cozza, vedova Donagemma, madre di Girolamo elettricista.
L’ultima casa della via, subito dopo la strada per il bosco, sulla sinistra, È quella di Antonio Donagemma sposato a Luigia Cozza (Bijeta)

Bepola – Laccettini

Il confine della strada, tenendo la destra lungo la salita, è segnato, a questo punto da un lungo edificio. Lo compongono una teoria di piccole abitazioni: dalla casa della Bepola a quella massiccia dei Laccettini.
Ecco l’abitazione di:
-Pellizzari Margherita vedova di Bedin Felice, che sposa Luigi Girardi, Jio Sela gestisce un negozio di Merceria, nell’edificio di fronte all’angolo dove, in seguito, avrà il forno Bepi Bodo, Giuseppe Marzari
-Girardi Luigi ( zio Sela) aveva un fratello in America, con un supermercato.( Quest’ultimo era sposato con la sorella del papà di Ulisse, Momi Lovato)
-della Famiglia Lorenzin Mora Lorenza. -della Famiglia Laccettini.
Lacettini calzolaio, Piero Lacettini, era musicista e faceva parte della Banda del Conte Piovene. I suoi figli Guglielmo e Angelo continuarono l’attività di calzolaio. Guglielmo, sposato con Angela Piana, aveva una numerosa famiglia.
I Laccettini: famiglia numerosa, allegra, anticonformista. Le idee più simpatiche venivano da lì: i vestiti modesti, ma originali, le canzoni cantate nelle occasioni più disparate, l’altalena attaccata al portico e poi il bischetto da calzolaio, al quale lavoravano sia il padre Guglielmo che uno zio; la mamma, una donna robusta, dolce e gentile; e poi tutti i figli, maschi e femmine, attivi, sempre intenti a fare qualcosa.
Lì , come in corte dei Trevisan e dei Valdagno, nelle sere d’estate si rinnovava il rito del raduno serotino: gli slarghi cortivi si riempivano di gente e di racconti, di chiacchiere e di scherzi; mentre i ragazzi giocavano a nascondino.
La casa ospita ancora alcuni membri della famiglia Laccettini. I figli si sono sposati, ci sono ragazzi nuovi; e quell’edificio, largo e ben piantato sfida il tempo. Angela Piana in Laccettini. A me ricordava tanto una matrona romana, nella sua gentilezza e dignità. Alta e robusta, il viso rotondo e rubizzo comunicava sicurezza.
La numerosa figliolanza, i problemi legati alla penuria di mezzi economici, i tempi dagli anni quaranta ai cinquanta, duri per tutti, non avevano nemmeno scalfito il suo viso sereno e buono. Angela sapeva ascoltare, pazientare, partecipare dell’allegria dei suoi figli. Quando questi, cresciuti, se ne andarono, Angela restò con i due che si erano divisi la casa. Era una nonna speciale, capace di cucire, sferruzzare, cucinare e raccontare storie: una nonna da sogno.
Alcuni passi più indietro, dall’altra parte della strada,a sinistra e di fronte alla casa della Bepola si apre l’orto e la casa dei Bedin, Perarolo.