Ai Confini con Arcugnano

L’ultima casa di Brendola è quella di Albino Bedin, detto Petote, che abita ai confini con Perarolo (il sentiero sconfina).
“Storie di famiglia” Bedin Bortolo (Petote)
Ha la casa in Via Montello . Albino è il fratello di Elvira Bedin, moglie di Aldo Bertocco.
Dammi una casa tra i prati laggiù
dove il cervo felice s’en va…..
Oh, dammi una casa tra i prati laggiù
dove il bufalo va in libertà….(Bruce Springsteen)
Albino Bedin la casa ce l’ha lassù, tra i prati di collina e la terra di dolina, dove in libertà se ne vanno i caprioli, i tassi, le volpi; dove i pipistrelli, la sera, eseguono la carola di rito e il silenzio è profondo e insondabile come l’anima.
Con la moglie Leda Golfré Andreasi vive ai confini di Brendola, l’ultima abitazione del paese, prima di Perarolo. Sono i signori di Via Montello.
Vecchi di anni e di fatica, marito e moglie ricevono l’aiuto dei nipoti, di Marisa in particolare.
Sanno tutto, ricordano tutto. Albino quando comincia a narrare è un fiume. Sfilano nomi e volti, fatti e date.
C’è serenità nel racconto, quell’equilibrio che gli anni e una vita dignitosa hanno pian piano forgiato.
In quella casa tra bosco e cielo, il tempo non è mai passato.
Il manufatto conserva la struttura di un tempo.
Leda Golfrè racconta:
“Fino ai primi del ‘900 il portico con fienile non c’era. La stalla era dietro. Poi qui arrivarono i Maran, i Tatini, Tullio, Emilio, Ulisse… Il portico lo edificarono loro; quei pilastri, il fienile…allora c’era poco più del piano terra…
I Petote, intanto, mio padre, e i suoi fratelli Domenico e Vittorio erano a lavorare in affitto sulla terra che ora è di Campagnolo.
Poi nel ‘21 arriva l’occasione. I Maran scendevano a Brendola per occuparsi di trasporto e mio padre e i miei zii comprarono.
La guerra era finita da poco; c’era tanta fame in giro. Fu un po’ una fortuna…lavorando s’intende.”

Domenico era già sposato e arrivavano i figli.
Poi si era sposato anche Antonio, il papà nel 1919. La prima figlia, Assunta, era nata nel 1920. L’ultimo di sei figli, Luigi, arriverà nel 1932.
Nel ’29 venne eretta una nuova ala della casa e le due famiglie si separarono.
Quindi vennero le leggi del periodo Fascista, la guerra di Libia, la migrazione coloniale e nel ’40 la guerra.
Nel ‘38 lo zio Domenico, oberato di famiglia, decise di andarsene.
C’è una nota di tristezza nella voce di Albino quando rievoca la storia dello zio.
Albino racconta:
“Avevano 12 figli e la Libia sembrava, nella propaganda, la soluzione a tutti i problemi.
Partirono tutti, ma grandi progressi non fecero e nemmeno grandi guadagni. Mio zio tornò con moglie e alcuni figli nel ’50.
Poi gli capitò una disgrazia. Era andato a prendere una balla di fieno in fienile. La teneva sotto-braccio. Scendendo per la scala , urtò contro il pilastro. Cadde e ci rimase.” Non spreca parole Albino: è conciso e incisivo. Stesso stile usa anche quando racconta delle sue vicende di guerra.
“Ero del ’23 e per un problema di salute mi avevano arruolato nelle truppe di complemento. Ho fatto la guerra di Grecia. Ma dopo l’armistizio di Badoglio, i tedeschi ci intrupparono e mandarono in Germania. Da lì dovetti partire per la Russia dove rimasi tre mesi a cavar patate; quindi tornai per due anni in Germania.
A Brendola feci ritorno il 3 luglio del ’45, insieme a Giovanni Molon.”
Albino conserva molti ricordi anche dei partigiani e dell’eccidio di Grancona, mi mostra un libro, dono del partigiano Giuseppe Sartori con il quale aveva lavorato dapprima nella Fonderia Dalli Cani e successivamente nella fabbrica di Ciscato ad Alte.
Ricordi, ricordi… Leda invece di ricordi ne ha altri.
Leda racconta:
“L’acqua? Abbiamo l’acquedotto… Ma prima c’era il pozzo, una cisterna di acqua piovana con qualche infiltrazione… L’acqua durava fino a metà maggio.
Poi bisognava andare alla Proetta, attraverso sentieri, o al “Boletin” ( da Giacomazzi). Albino qualche volta andava a San Gottardo; ma c’era la fila e ci voleva tanto tempo…”.

La sera cala e il crepuscolo avvolge di mistero il bosco e la casa .
Leda e Albino rimangono soli.
Io ho provato a dirgli di scendere in paese…” mormora lei rassegnata.
Io son nato qua e da qua non mi muovo…” ribatte Albino convinto.
Intanto, fin che gli concedono la patente, marito e moglie vanno anche in paese a far la spesa.
Poi vedremo…”
E salutano con sobrietà e dignità, un modo che, per loro, è uno stile di vita.