IL PORTICO E LA BARCHESSA

Pur essendo difficile catalogare in senso propriamente stilistico le tipologie dell’architettura rurale, in quanto risultato di costruttori anonimi, esse sono accomunate dalle medesime esigenze di funzionalità ed autenticità (soprattutto nella scelta dei materiali) e dalla presenza di elementi ricorrenti che ne caratterizzano l’aspetto formale. Proprio quest’ultimo sembra avere, in qualche modo, una connotazione storica; stando alle analisi fatte da noti antropogeografi, infatti, l’elemento fondamentale della casa rurale, con portico e logge sovrapposte, deriverebbe dall’esempio veneziano della casa-fondego. Questa analogia di tipo architettonico fra Venezia e l’entroterra costituisce un’ulteriore conferma delle strette relazioni esistenti fra la città e la campagna. La tipologia della casa rurale con portico e logge si è poi estesa ben oltre l’immediato entroterra veneziano, data la sua naturalezza e funzionalità: riesce a fondersi con la campagna e, nello stesso tempo, offre un utilissimo spazio coperto ed arieggiato , adatto ad essiccare svariati prodotti e a svolgere lavori artigianali, stando al riparo.
I portici e le logge erano, nella nostra area, “ricavati nello stesso corpo di fabbrica”, con un’unica successione di ambienti, di cui costituivano un prolungamento sia orizzontale che verticale, per mezzo della scala che congiungeva i due piani.
Il pòrtego ,spesso, era architravato, sostenuto da pilastri in muratura, con mensole in legno; a volte era situato lateralmente, a volte in posizione centrale.
Il pavimento era semplicemente in terra battuta, o in mattoni, quando era utilizzato come una specie di aia coperta. Sovente il portico, che conteneva la stalla e il fienile, raggiungeva dimensioni maggiori di quelle della casa.
Il portico era un ambiente particolare con varie funzioni: era una specie di vano d’ingresso,( spesso, infatti, la porta della cucina come il porton della stalla davano sul pòrtego), come pure un luogo di passaggio tra interno ed esterno. La parte centrale del portico restava sempre libera per permettere il passaggio di persone ed animali, per contenere il carro del fieno che doveva essere scaricato nel fienile (tésa) sopra la stalla, o per porre momentaneamente l’erba appena falciata. Sotto il portico si conservavano, poi, molti attrezzi da lavoro appesi ai chiodi.

 

Durante la bella stagione, infine, si utilizzava questo spazio protetto per fare piccoli lavori di manutenzione, o per costruire piccoli attrezzi: un rastrello di legno, una scopa( scoa, spasaora), uno sgabello…
La tésa era l’ampio spazio situato al di sopra della stalla, aperto sul davanti verso il pòrtego e si estendeva completamente sotto il tetto; in mezzo, presentava un’apertura per far salire il fieno. La maggior parte della tésa era riempita di cataste di fieno che, verso l’alto, sporgevano verso il vuoto del portico.
Nella tésa trovavano posto anche: legna, paglia e pali; spesso le galline andavano a deporvi le uova o i colombi vi trovavano rifugio per costruire il loro nido.
La barchésa si trovava di fronte o di lato, rispetto alla casa o alla stalla; era una costruzione senza pretese, ma pratica ed armoniosa, nel contesto della corte: serviva da ricovero per gli attrezzi, da rimessa per le macchine agricole, da ripostiglio per la legna e per le cose che dovevano essere riparate dalla pioggia. Per lo più a due piani, gli elementi meglio rifiniti erano i pilastri in mattoni (quarei), su cui poggiava il tetto, coperto in coppi; una o più pareti in muratura proteggevano dallo stravento; comunque, verso la corte, la barchésa era sempre aperta.
Spesso la barchésa ospitava anche lo stalòto del màs-cio, una serie di gabbie per i conigli (gabiòti dei cunici ), stie (caponare) per pulcini, il pollaio (punaro) per le galline con la scala a mano per facilitare ai polli l’entrata e l’uscita.
Se la barchésa era a due piani, al di sopra del punaro, si stendeva un ripiano fatto di tavole o di pali allineati, dove si riponevano le fascine di legna, i pezzi di legna da ardere (stèle), i gambi secchi del sorgo, a volte la paglia e, a ottobre, l’uva da appassire per fare il vino passito. Sotto il tetto, spesso, venivano messe delle cassette (gnorole) per la nidificazione dei colombi; inoltre, si custodivano con grande cura i bozzoli dei bachi da seta.
All’interno e al centro della corte c’era la grande aia (sélese), di forma quadrangolare (15-20 metri di lato), lastricata di mattoni e orlata da una cordonata in pietra. Era leggermente convessa al centro perché serviva per trebbiare il grano o per essiccare cereali, sementi ed erbe. D’inverno, i quarei venivano coperti con uno strato di paglia, per proteggerli dal gelo.