LA VITA E LA FAMIGLIA

Oltre le solennità religiose, le occasioni per far festa erano legate ad alcuni momenti fondamentali della vita umana: il Battesimo, il Matrimonio, e, per gli uomini, la festa dei coscritti.

“BATESIMI”

La nascita di un bambino avveniva quasi sempre in casa; solo raramente si ricorreva al medico o tantomeno all’ospedale. Il Battesimo veniva somministrato al più presto: la prima o la seconda domenica dopo il parto; il neonato era portato in chiesa dal papà, dai santoli e dai parenti più stretti, mentre la mamma rimaneva a casa. Al ritorno dalla chiesa si festeggiava l’avvenimento con un pranzo e i santoli diventavano, da quel giorno, compare e comare.

“SPOSALISI”

I ragazzi, divenuti adulti, cominciavano a guardare le ragazze e a scegliere la morosa. Rare erano le occasioni d’incontro, a causa del distacco esistente tra uomini e donne e del lavoro assiduo. Luoghi d’incontro erano: la chiesa (alla Messa e alla Funzione i giovani andavano per vedere le tose), il filò, l’andare in opra e le sagre.

Dopo un breve periodo di fidanzamento (poco più di un anno) si facevano le pubblicazioni: era il giorno del novissajo. I novissi indossavano l’abito nuovo e pranzavano a casa della futura sposa insieme ai parenti a cui davano le consolasión (i confetti). La settimana precedente le nozze i novissi si recavano dai parenti e dagli amici per portare i confetti e invitarli a nozze. Durante quei giorni tutti potevano andare a vedere i regali messi in mostra, appositamente, insieme al corredo della sposa. Non si potevano celebrare matrimoni durante la Quaresima e l’Avvento.

Il giorno delle nozze era per lo più di sabato; la festa animava tutta la contrada, gran parte del paese era coinvolto dal corteo che si snodava per le strade principali, dapprima guidato dallo sposo, che, insieme agli invitati, andava a prendere la sposa. Dalla casa di questa, poi, ci si recava in chiesa: apriva il corteo la sposa, accompagnata dal padre o dal compare d’anelo; dietro veniva lo sposo con una parente della sposa. Seguivano tutti gli invitati.

Finita la cerimonia, il corteo si dirigeva a casa dello sposo, dove si svolgeva il pranzo di nozze; questo rappresentava una rara occasione per dimenticare le fatiche quotidiane, per scherzare, mangiare e bere a sazietà; durante le pause del pranzo, tra una portata e l’altra, si cantava e ballava.

Molto richiesto, in occasione di matrimoni, era Valisa (Giovanni Muraro 1886-1974, residente in Valle), sonadore di fisarmonica, accompagnato qualche volta dal fratello Emo, con la batteria.

“COSCRITI”

Questa festa era come un rito di iniziazione, rappresentava cioè, per i giovani, l’ingresso nella vita, da uomini. Durava da tre a cinque giorni e si svolgeva di solito in primavera.

Prima della visita di leva, i coscritti si riunivano per dividersi gli incarichi, per programmare la festa e stabilire le quote per la cassa. La sera precedente il fatidico giorno, armati di colori e pennelli, distribuivano sui muri del paese scritte che inneggiavano alla loro classe. La mattina della visita, i coscritti, dopo avere assistito alla Messa, partivano per il distretto, portando con sé una bandiera.

Finita la visita, che stabiliva gli abili, i rividibili e gli scarti (essere abili era sempre motivo di orgoglio, perché significava essere riconosciuti finalmente uomini), si faceva la foto di gruppo e si dava inizio alla festa. “Per tutto il giorno e per alcuni giorni successivi i coscritti andavano in giro per il proprio paese e per i paesi vicini, fermandosi dove sapevano esserci ragazze. Giravano su un carro addobbato di rami verdi trainato da cavalli o, in tempi più recenti, da un trattore e, accompagnati da un sonadore di fisarmonica, alternavano le canzoni da coscritti, al grido di “viva la classe…”. Festoso era l’ingresso nei paesi, annunciato dal fracasso dei bussoloti, legati al carro; ad ogni sosta, una bicchierata e balli, al suono della fisarmonica. La festa si concludeva poi con la cena in una trattoria del paese. Il legame tra i coscritti durava per tutta la vita ed era uno degli argomenti di conversazione durante i filò.  

Al termine dei lavori stagionali che richiedevano una grande quantità di manodopera, come la mietitura o la fienagione, si faceva festa con una lauta cena, offerta dal proprietario del campo a tutti coloro che avevano preso parte al lavoro. Questa specie di banchetto si chiamava dandèga o zanzèga. Un’altra occasione per far festa era quando si copava e si faceva su ‘l mascio, perché esso rappresentava per la famiglia la più importante riserva di cibo di tutto l’anno. Dopo un’intera giornata di lavoro, ultimate tutte le operazioni, veniva allestita una ricca cena, ovviamente a base di carne di maiale.